Tomaso Poggio: studiare l’intelligenza per capire e proteggere l’ambiente
Tomaso Poggio è uno degli scienziati italiani più influenti nel campo dell’intelligenza artificiale e delle neuroscienze computazionali. Nato a Genova, dove si è laureato in Fisica, ha iniziato la sua carriera studiando il cervello delle mosche per capire come funziona la visione, lavorando al Max Planck Institute di Tübingen con Werner Reichardt, pioniere nello studio dei sistemi visivi. Da allora ha sempre unito biologia, neuroscienze, matematica e informatica per rispondere a una domanda fondamentale: che cos’è l’intelligenza, naturale e artificiale?
Oggi è professore al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e dirige il Center for Brains, Minds and Machines, un centro di riferimento a livello mondiale per lo studio dell’intelligenza naturale e artificiale. Oltre a contribuire alle basi teoriche del machine learning, ha mantenuto viva l’attenzione alle implicazioni etiche e ambientali delle nuove tecnologie.
Per questo, durante la sua visita al Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi (Dibris) dell’Università di Genova nel mese di marzo 2025, lo abbiamo incontrato per parlare con lui di intelligenza artificiale, comunicazione e protezione dell’ambiente.
Un libro per riflettere su intelligenza, AI e ambiente
Nel libro Cervelli, menti, algoritmi, scritto con il giornalista Marco Magrini, Poggio ripercorre la propria carriera, intrecciandola con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale, dalle prime scoperte fino ai modelli attuali, riflettendo sull’evoluzione degli algoritmi, sull’importanza dei dati come risorsa naturale del machine learning, sulla crisi dell’informazione e sul ruolo dell’educazione. Il libro affronta un tema cruciale per chi si occupa di ambiente e comunicazione pubblica: la disinformazione, che Poggio definisce "disinfocrazia". Un sistema dove la manipolazione dell’informazione è sempre più raffinata e pericolosa, soprattutto oggi, con l’arrivo di modelli linguistici generativi capaci di creare testi e immagini false in pochi secondi.
Come spiega Poggio: «Le fake news esistono da sempre, ma oggi ricevono una spinta enorme dai social media, e l’intelligenza artificiale le rende ancora più pericolose perché permette di mirare a migliaia di persone con messaggi personalizzati»
E se pensiamo all’ambiente, è facile capire quanto questa capacità di generare disinformazione possa avere un impatto devastante su comunicazione scientifica, politiche ambientali e consapevolezza collettiva. Forse è per questo che Poggio e Magrini dedicano l’epilogo del libro a una riflessione sulla crisi climatica, vista come la sfida più urgente e concreta per la nostra società, e ben più immediata rispetto ai timori di una superintelligenza algoritmica.
AI e ambiente: tra limiti e possibilità
Durante l’intervista, abbiamo chiesto al professor Poggio se l’intelligenza artificiale possa essere considerata una risorsa o un rischio per la sostenibilità. La sua risposta è articolata: da un lato, l’AI può essere uno strumento utile per analizzare dati ambientali, modellizzare scenari climatici e supportare ingegneri e scienziati nelle loro ricerche.
«Chatbot e altri strumenti di AI sono già un aiuto per aumentare la capacità di pensare e progettare degli scienziati», spiega Poggio.
Dall’altro lato, l’impatto energetico delle AI moderne è altissimo, e non può essere ignorato.
«L’intelligenza artificiale, per come è sviluppata oggi, consuma una quantità immensa di energia. Non è la soluzione ideale per una politica ambientale sostenibile.»
I grandi modelli linguistici (LLM) richiedono centinaia di migliaia di GPU e data center alimentati da immense quantità di energia, al punto che «persino la centrale di Three Mile Island — ricorda Poggio — verrà rimessa in moto da Microsoft per fornire energia ai propri sistemi».
Eppure, proprio l’osservazione del nostro cervello può forse suggerire un’alternativa più sostenibile.
«Il nostro cervello consuma pochissima energia rispetto ai sistemi artificiali. Studiare come funziona il cervello può insegnarci a creare AI più efficienti, e forse più sostenibili.»
Una tecnologia che può aiutare a pensare
Nonostante le potenzialità e gli sviluppi impensati a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, Poggio invita alla prudenza: non possiamo aspettarci che l’AI "risolva" da sola problemi come la crisi climatica.
«Negli ultimi dieci anni il progresso dell’intelligenza artificiale è stato continuo, ma non ci sono stati salti improvvisi. È stato il risultato di anni di lavoro collettivo, in centinaia di laboratori. Non credo che vedremo un singolo salto che cambierà tutto.»
Per Poggio, l’intelligenza artificiale non sostituirà l’intelligenza collettiva degli esseri umani, ma potrà aumentare le capacità di analisi e progettazione se usata con attenzione.
«Non sappiamo se l’AI ci aiuterà a fare scoperte davvero decisive per la green technology. Forse sì, ma servirà comunque un grande sforzo umano, collettivo.»
Crisi climatica: il vero rischio imminente
Nel libro, Poggio e Magrini ricordano che la crisi climatica è il vero rischio esistenziale che stiamo affrontando oggi, più concreto e vicino di qualsiasi minaccia da "superintelligenza".
«La crisi climatica in corso è un rischio esistenziale possibile, e ben più imminente di una superintelligenza algoritmica assetata di potere»
Con parole chiare, il libro sottolinea i rischi di sottovalutare i meccanismi di auto-rinforzo che possono rendere il cambiamento climatico non lineare e fuori controllo:
«Chi pensa che il riscaldamento climatico cresca solo linearmente si illude: i climatologi avvertono che il processo potrebbe diventare non lineare, fuori controllo, a causa dei meccanismi di auto-rinforzo, come il rilascio di metano dal permafrost.»
Per affrontare la crisi climatica e le sfide globali, serve più intelligenza, non meno. Un’intelligenza che non sia solo artificiale, ma soprattutto umana, collettiva e politica, capace di affrontare problemi complessi con visione e responsabilità.