Monitoraggio ambiente marino costiero
La Liguria possiede oltre 350 km di costa, su cui insistono un denso insediamento abitativo e produttivo, nonché una diffusa portualità. L’ambiente marino costiero ligure è caratterizzato da un litorale molto vario che ospita ambienti meritevoli di salvaguardia e una preziosa biodiversità, dalle praterie di Posidonia oceanica al coralligeno, senza dimenticare il prospiciente Santuario dei Cetacei.
Su incarico di Regione Liguria, alla quale la legge italiana affida il monitoraggio dell’ambiente marino costiero locale, l’Agenzia effettua tre diversi tipi di controllo sulla qualità del mare:
- Monitoraggio dell’ecosistema costiero (D.Lgs.152/06), comprendente controlli su acque, sedimenti, ed indicatori biologici quali le praterie di Posidonia oceanica, i popolamenti macroalgali delle coste rocciose, il macrobenthos dei fondi mobili, al fine di arrivare ad una classificazione di qualità dei 26 tratti in cui è stata divisa la costa ligure.
- Controllo delle acque destinate alla balneazione (D.Lgs.116/08), effettuato con cadenza mensile da aprile a settembre in 381 punti lungo la costa ligure (dati stagione 2024).
- Controllo delle acque destinate alla molluschicoltura, nelle due aree marine liguri designate per tale pratica: l'area della diga foranea del Golfo della Spezia e quella compresa tra Portovenere e l'Isola Palmaria. In entrambi questi siti si effettuano periodici controlli sulla qualità dell'ambiente marino tramite analisi delle acque e della polpa dei mitili.
Nello svolgimento di tali attività, Arpal collabora abitualmente con organismi attivi in campo marino in ambito nazionale, come il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero della Salute, le Capitanerie di Porto, e vari Istituti scientifici di riferimento come l’Istituto Superiore per la Ricerca Applicata (Ispra), l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il CNR, l’Enea. In ambito ligure, sono attive collaborazioni con l’Osservatorio Ligure Pesca e Ambiente, le Autorità Portuali di Genova, La Spezia e Savona, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, i Carabinieri Subacquei, l’Acquario di Genova, vari Dipartimenti dell’Università di Genova, alcune Aree Marine Protette.
Tutti i dati prodotti durante i monitoraggi vengono elaborati e inseriti nel Sistema Informativo Regionale (SIRAL), accessibile sia agli addetti ai lavori che al pubblico.
Tutti i corpi idrici, acque marine comprese, devono raggiungere un buono stato ambientale. Questo è uno degli obiettivi previsti dalla normativa europea sulle acque (direttiva 2000/60/CE, recepita con il D.Lgs. 152/06). Il monitoraggio fornisce un quadro complessivo dello stato ecologico e chimico dell’ambiente marino costiero e permette di classificare i corpi idrici per poterne verificare l’effettivo stato. In seguito ai risultati del monitoraggio, le autorità competenti (distretto idrografico e Regione) adottano i provvedimenti necessari per il mantenimento o il raggiungimento di un buono/elevato stato ambientale tramite il piano di gestione e il piano di tutela, in integrazione e coerenza con le acque di transizione, le acque interne superficiali, le acque interne sotterranee.
La fascia costiera ligure indagata con il monitoraggio si estende fino a 3 km dalla costa e comunque entro la batimetrica dei 50 m e si articola in 26 aree (corpi idrici), individuati da ARPAL e Regione Liguria in base alle indicazioni del D.M. 131/08 e considerando prevalentemente i seguenti fattori (disponibili come informazioni GIS presso il Sistema Cartografico Regionale):
- morfologia della costa (tipologie costiere e unità fisiografiche);
- presenza e tipologia delle fanerogame marine;
- bacini idrografici;
- principali fattori di pressione insistenti sulla fascia costiera, sia di tipo puntuale (scarichi, condotte, porti) che diffuso (uso del suolo);
- zonazioni già esistenti: aree marine protette, tratti di balneazione, aree destinate alla molluschicoltura.
I corpi idrici marini costieri oggetto del monitoraggio
Il D.M. 131/08 fornisce inoltre le indicazioni tecniche su come “tipizzare” i corpi idrici: dal punto di vista geomorfologico e idrologico solo il corpo idrico “Foce Magra”, al confine conla Toscana, ha le caratteristiche di “pianura alluvionale” con “media stabilità della colonna d’acqua” (ovvero piuttosto influenzato da un fiume), tutti gli altri sono definiti come “rilievi montuosi” non influenzati da corsi d’acqua.
Arpal effettua il monitoraggio dell’ambiente marino costiero ligure dal 2001.
In ogni corpo idrico sono posizionate le stazioni di misura e di campionamento di acque, sedimento, fitoplancton, macroinvertebrati e, dove presenti, macroalghe delle coste rocciose e Posidonia oceanica, per un totale di più di 180 punti di campionamento.
CORPO IDRICO | Elementi FISICO-CHIMICI IDRO MORFOLOGICI | FITO PLANCTON | MACRO ALGHE | POSIDONIA | MACRO INVERTEBRATI |
---|---|---|---|---|---|
1 | Capo Mortola | X | X | X | X |
2 | Ventimiglia-Bordighera | X | X | X | X |
3 | Sanremo | X | X | X | X |
4 | Santo Stefano al mare | X | X | X | X |
5 | Imperia | X | X | X | X |
6 | Diano Marina - Andora | X | X | X | X |
7 | Laigueglia-Albenga | X | X | X | X |
8 | Ceriale-Finale | X | X | X | X |
9 | Noli-Bergeggi | X | X | X | X |
10 | Vado Ligure | X | X | X | X |
11 | Savona | X | X | X | X |
12 | Varazze-Arenzano | X | X | X | X |
13 |
Genova Voltri | X | X | X | X |
14 | Genova Polcevera | X | X | X | X |
15 |
Genova Bisagno | X | X | X | X |
16 |
Genova - Camogli |
X | X | X | X |
17 |
Portofino |
X | X | X | X |
18 |
Portofino-Zoagli |
X | X | X | X |
19 |
Chiavari - Sestri Levante |
X | X | X | X |
20 |
Sestri Levante - Riva Trigoso |
X | X | X | X |
21 |
Moneglia-Levanto |
X | X | X | X |
22 |
Punta Mesco |
X | X | X | X |
23 |
Cinque Terre |
X | X | X | X |
24 |
Portovenere |
X | X | X | X |
25 |
Golfo la Spezia |
X | X | X | X |
26 |
Foce Magra |
X | X | X | X |
Elementi di qualità ricercati in ciascuna area.
Nella tabella successiva si riportano le frequenze di campionamento nell’arco di un anno.
ELEMENTI DI QUALITÀ |
FREQUENZA DI CAMPIONAMENTO/ANNO |
BIOLOGICI |
|
Fitoplancton |
6 volte |
Fanerogame (Posidonia oceanica) |
1 volta* |
Macroalghe |
1 volta* |
Macroinvertebrati |
2 volte* |
IDROMORFOLOGICI |
|
Profondità e caratteristiche granulometriche |
1 volta e in coincidenza del campionamento degli elementi biologici Macroinvertebrati bentonici e Fanerogame |
FISICO-CHIMICI E CHIMICI |
|
Condizioni termiche |
Bimestrale e comunque in coincidenza del campionamento del fitoplancton |
Ossigenazione |
|
Salinità |
|
Stato di acidificazione |
|
Stato dei nutrienti |
|
Trasparenza |
|
Sostanze inquinanti |
Mensile/bimestrale in colonna d’acqua e annuale in sedimenti |
*Le macroalghe,la Posidonia oceanica e i macroinvertebrati bentonici sono campionati con un “monitoraggio stratificato”, ovvero ogni anno sono campionate alcune stazioni sino a ricoprire il set intero nell’arco di tre anni; tutti gli altri elementi di qualità sono invece indagati in tutti i corpi idrici ogni anno.
I materiali plastici in ambiente
I materiali plastici sono in generale caratterizzati da eccellente versatilità di utilizzo, durevolezza nel tempo ed economicità. Tali caratteristiche li hanno resi materiali di larghissimo consumo anche, e soprattutto, nel comparto dei prodotti monouso. Questo ha fatto sì che a partire dal 1907, con la prima produzione industriale della bachelite, la produzione mondiale di materiale plastico sia in continua crescita. I due principali punti di forza delle materie plastiche, la loro economicità e la loro durevolezza nel tempo si sono rivelati essere, d’altro lato, la causa di una elevatissima diffusione ubiquitaria in ambiente estremamente dannosa dal punto di vista ecologico.
La presenza di piccoli frammenti di plastica nell’ambiente marino è stata riscontrata a partire dagli anni ’70. Nonostante ciò solo recentemente la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo tema ha comportato l’adozione di comportamenti e di politiche atte ad incentivare il recupero di questi materiali. Purtroppo ancora oggi ingenti quantità di rifiuti plastici finiscono nei mari e negli oceani. Come evidenziato da ricerche finanziate dalla Comunità Europea più dell’80% dei rifiuti rinvenuti nel mare Mediterraneo sono costituiti da microplastiche. Sebbene l’attenzione mediatica riguardante la presenza in ambiente delle microplastiche sia essenzialmente rivolta all’ambiente marino, la comunità scientifica ha cominciato a produrre evidenze della presenza di microplastiche in aria.
In questo contesto, da un punto di vista più tecnico, si deve distinguere tra degrado ed inquinamento ambientale. Si ha degrado quando il rifiuto plastico non interferisce con i processi che avvengono nell’ambiente, comportandosi sostanzialmente come un materiale inerte. Si ha inquinamento ambientale, invece, quando il rifiuto plastico entra a far parte dell’ecosistema, ovvero interferisce con i vari processi che avvengono nell’ambiente e con la catena alimentare, causandone gravi squilibri, a volte anche irreversibili, con conseguenze negative sulla salute degli esseri viventi.
Le microplastiche
Nel 2004 è stato introdotto il termine “microplastica” e successivamente, nel 2008, è stato proposto il limite massimo di 5 mm di diametro medio alle dimensioni delle microplastiche per differenziarne gli effetti di impatto ambientale rispetto a frammenti di maggior pezzatura. A dimensioni maggiori di 5 mm il principale danno causato dalle microplastiche agli animali che incautamente se ne cibano è un effetto fisico di blocco del tratto gastrointestinale. A dimensioni inferiori a 5 mm, invece, il maggiore effetto delle microplastiche è quello di “trasportatori” di inquinanti ad esse adsorbiti grazie alla loro elevata superficie di contatto e alla loro grande affinità per i contaminanti organici. Si ipotizza inoltre che microplastiche di dimensioni inferiori a 150 micron possano traslocare dalla cavità intestinale al sistema linfatico e circolatorio, causando un'esposizione sistemica.
Le microplastiche si dividono in due categorie in funzione del loro meccanismo di formazione: microplastiche primarie e microplastiche secondarie. Le microplastiche primarie sono microparticelle di polimeri sintetici utilizzate come additivi di prodotti (ad esempio cosmetici) o come materiali impiegati per la produzione di macro-manufatti. Le microplastiche secondarie sono microparticelle di polimeri sintetici formatesi a seguito dell'infragilimento e frammentazione di oggetti di plastica di grandi dimensioni come conseguenza di fenomeni atmosferici e/o abrasivi.
Meccanismi di formazione delle microplastiche |
|
Microplastiche Primarie |
Microplastiche Secondarie |
microplastiche che entrano nell’ambiente avendo già dimensione "micro" |
microplastiche che derivano da frammentazione nell’ambiente di plastiche "macro" |
Gli effetti inquinanti sull’ecosistema marino e terrestre delle microplastiche, unitamente alla loro potenziale tossicità sulla salute umana, rendono necessaria una attenta attività di monitoraggio. Determinare la tipologia e le dimensioni delle microplastiche è quindi di fondamentale importanza sia per comprenderne i meccanismi di diffusione nell'ambiente sia per avere informazioni su quali tipi di prodotti stiano avendo il maggior impatto ambientale. E’ pertanto necessario sviluppare dei metodi di campionamento e di analisi standardizzati per determinare pezzatura, quantità, diffusione nell’ambiente e natura chimica delle microplastiche.
In questo contesto la microscopia confocale Raman è la tecnica più promettente. La spettroscopia Raman è, assieme alla spettroscopia infrarossa, la tecnica di elezione per l’analisi delle plastiche poiché consente un riconoscimento “certo” del polimero in analisi. La tecnica Raman accoppiata alla microscopia confocale consente di analizzare microplastiche fino a dimensioni inferiori al micron, inoltre, grazie alle proprietà peculiari della confocalità, è possibile ottenere lo spettro Raman di microplastiche anche all’interno di tessuti biologici.
Figura 1. Microplastica ritrovata in ambiente marino. Immagine ottenuta con il microscopio confocale Raman, dimensioni: 319 micron di larghezza massima x 216 micron di altezza massima.
La Liguria possiede oltre 350 km di costa, su cui insistono un denso insediamento abitativo e produttivo, nonché una diffusa portualità. L’ambiente marino costiero ligure è caratterizzato da un litorale molto vario che ospita ambienti meritevoli di salvaguardia e una preziosa biodiversità, dalle praterie di Posidonia oceanica al coralligeno, senza dimenticare il prospiciente Santuario dei Cetacei.
Su incarico di Regione Liguria, alla quale la legge italiana affida il monitoraggio dell’ambiente marino costiero locale, l’Agenzia effettua tre diversi tipi di controllo sulla qualità del mare:
- Monitoraggio dell’ecosistema costiero (D.Lgs.152/06), comprendente controlli su acque, sedimenti, ed indicatori biologici quali le praterie di Posidonia oceanica, i popolamenti macroalgali delle coste rocciose, il macrobenthos dei fondi mobili, al fine di arrivare ad una classificazione di qualità dei 26 tratti in cui è stata divisa la costa ligure.
- Controllo delle acque destinate alla balneazione (D.Lgs.116/08), effettuato con cadenza mensile da aprile a settembre in 376 punti lungo la costa ligure.
- Controllo delle acque destinate alla molluschicoltura, nelle due aree marine liguri designate per tale pratica: l'area della diga foranea del Golfo della Spezia e quella compresa tra Portovenere e l'Isola Palmaria. In entrambi questi siti si effettuano periodici controlli sulla qualità dell'ambiente marino tramite analisi delle acque e della polpa dei mitili.
Nello svolgimento di tali attività, Arpal collabora abitualmente con organismi attivi in campo marino in ambito nazionale, come il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero della Salute, le Capitanerie di Porto, e vari Istituti scientifici di riferimento come l’Istituto Superiore per la Ricerca Applicata (Ispra), l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il CNR, l’Enea. In ambito ligure, sono attive collaborazioni con l’Osservatorio Ligure Pesca e Ambiente, le Autorità Portuali di Genova, La Spezia e Savona, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, i Carabinieri Subacquei, l’Acquario di Genova, vari Dipartimenti dell’Università di Genova, alcune Aree Marine Protette.
Tutti i dati prodotti durante i monitoraggi vengono elaborati e inseriti nel Sistema Informativo Regionale (SIRAL), accessibile sia agli addetti ai lavori che al pubblico.
Posidonia oceanica
Le praterie sommerse di Posidonia oceanica rivestono un importante ruolo di protezione delle coste dall’erosione, stabilizzazione e consolidamento dei fondali, ossigenazione delle acque, produzione ed esportazione di grandi quantità di materia vegetale. Inoltre, la notevole sensibilità di questa pianta marina ad ogni perturbazione naturale o artificiale, la rende un ottimo indicatore biologico per determinare le qualità delle acque marine costiere.
La Direttiva 2000/60 /CE, recepita in Italia con il D.Lgs. 152/06, ha individuato P. oceanica come uno dei quattro elementi di qualità biologica da utilizzare per la classificazione dello stato ecologico delle acque marino costiere.
Arpal ha intrapreso il monitoraggio dei posidonieti nel 2002, nell’ambito del progetto ministeriale “Programma per il controllo dell’ambiente marino costiero”. Il monitoraggio, proseguito in continuo sino al 2006 ha previsto indagini su campo (balisage- che prevede la messa in mare di corpi morti posizionati lungo il limite della prateria, in modo da permettere, nel corso degli anni, di valutare eventuali variazioni dell’estensione della prateria- e rilievo di parametri visivi) e analisi in laboratorio (analisi fenologica- che si avvale dello studio di parametri utili a descrivere lo stato di salute delle piante- e lepidocronologica- che consiste nello studio dei cicli di vita delle foglie di P. oceanica) in tre stazioni poste in prossimità del limite inferiore di tre praterie: Imperia, Varazze-Arenzano e Punta Mesco.
A partire dal 2008 la rete di monitoraggio delle praterie di P. oceanica è stata estesa per rispondere a quanto richiesto dalla Direttiva 2000/60/CE. Sui complessivi ventisei corpi idrici individuati nella nostra Regione, sedici ospitano praterie di P. oceanica per un totale di diciannove posidonieti, da monitorare ogni tre anni (primo triennio 2009-2011), secondo quanto riportato dal D.M. 56/09. In ciascuna prateria sono state fissate due stazioni sulla batimetrica dei 15 m in cui effettuare indagini su campo ed in laboratorio. Inoltre, è stato deciso di mantenere il monitoraggio del limite inferiore, con ciclo triennale, solamente in una delle tre praterie monitorate dal 2002, Imperia.
Nella figura sopra si riporta la rete di monitoraggio delle praterie di Posidonia oceanica, in atto dal 2002 ad oggi lungo tutta la costa ligure e, di seguito, alcuni particolari dell’attività in campo e in laboratorio.
Rilievi e campionamento subacquei
Attività di laboratorio sui fasci di Posidonia
Oltre alle suddette attività di monitoraggio, nel corso di questi anni Arpal ha avuto modo di occuparsi di Posidonia in diverse altre occasioni. Nell’aprile 2005 l’Agenzia ha partecipato al Progetto Interreg IIIB MEDOCC “Posidonia: messa in coerenza, sviluppo, armonizzazione e convalida dei metodi per la valutazione della qualità dell’ambiente litoraneo, mediante il monitoraggio delle praterie di Posidonia oceanica”. In particolare, Arpal ha coordinato il G.d.L. “Surveillance” che ha portato allo scambio di esperienze sui metodi di studio dei posidonieti adottati dai differenti partner, con lo scopo di implementare le conoscenze e le competenze di ognuno e di mettere a fuoco le criticità di applicazione dei vari metodi.
Nel 2004 e nel 2006, nell’ambito dei “Programmi di attività di interesse regionale ARPAL 2004 e 2006”, l’Agenzia ha messo in opera il progetto “Completamento della rete di controllo sulle praterie di Posidonia oceanica”. Le attività hanno previsto indagini su campo e reportage fotografici in sette diversi posidonieti distribuiti lungo la costa ligure (Sanremo, Arma di Taggia, Borghetto Santo Spirito, Genova Vesima, Genova Quarto, Camogli e Riva Trigoso). In ciascuna prateria è stato scelto un transetto costa-largo sul quale sono state fissate tre stazioni di campionamento in corrispondenza del limite inferiore, superiore e zona intermedia.
Monitoraggio dei bopolamenti delle beachrock liguri
Il termine “beach rock” indica una caratteristica formazione rocciosa litoranea, originata dalla cementificazione dei sedimenti di spiaggia. E’ costituita da strati sovrapposti, con presenza di spaccature e gradini, si può estendere fino a pochi metri di profondità ed affiorare in superficie.
Le sue particolari origini e la sua struttura ne fanno un complesso biocenotico di interesse.
La Regione Liguria, con D.G.R. 858 del 2008, ha promosso ed affidato ad ARPAL un progetto destinato a mappare l’estensione delle beach rock liguri ed a studiarne le caratteristiche fisiche e l’importanza ecologica.
Le aree di indagine sono state scelte in modo da coprire tutto il territorio ligure in cui la bibliografia scientifica indica una possibile presenza delle beach rock. Si tratta di 3 siti (cartina seguente): da Pietra Ligure a Caprazoppa (Area 1), da Varigotti a Punta Crena (Area 2) e da Baia dei Saraceni a Capo Noli (Area 3).
Il progetto è suddiviso in due fasi, distinte ma complementari: parte geofisica e parte biologica.
La prima fase del progetto, realizzata nel settembre 2010, consiste in una prospezione dei fondali mediante passaggi con uno strumento di rilevamento acustico, il Multibeam. Il rilevamento è stato effettuato con un’imbarcazione a basso pescaggio, in modo da intercettare lo scalino delle beach rock, in modo da ottenere una mappatura che ne descriva l’estensione, la profondità e la morfologia. Poiché il lavoro ha un carattere altamente specialistico, ARPAL si è avvalsa della collaborazione della ditta Martech S.r.l. di Cagliari, specializzata in rilievi geofisici, e vincitrice della gara indetta dall’Agenzia.
L’immagine seguente riporta un esempio di restituzione grafica dei rilievi geofisici del fondale eseguiti con Multibeam (particolare dell’Area 2).
La seconda fase, avviata nel giugno 2011, è messa in atto da ARPAL in collaborazione con OLPA.
L’obiettivo è costituito dalla caratterizzazione delle biocenosi bentoniche e dei popolamenti ittici associati alle beach rock, con particolare attenzione alla presenza di specie cospicue. L’indagine, condotta da operatori subacquei, prevede la realizzazione di misure, visual census e rilievi fotografici per ognuna delle tre tipologie di gradino esistenti (netto, netto con ingrottamento e degradante).
Le informazioni raccolte da entrambe le fasi permetteranno di mappare, descrivere e caratterizzare le formazioni di beach rock liguri sia dal punto di vista fisico, sia ecologico.